La Fraternitas srl unipersonale è una azienda interamente di proprietà della associazione F.A.C.I. (cliccare qui per accedere al sito della F.A.C.I.) costituita nel 1920, la cui missione è la vendita di prodotti per il clero, a condizioni di favore per gli iscritti alla associazione che li rappresenta, appunto la F.A.C.I.
Con il tempo la Fraternitas ha arricchito il proprio catalogo di prodotti che include anche interessanti articoli per gli enti ecclesiastici e per i religiosi.
Chiunque può acquistare dalla Fraternitas, ma per fruire del listino scontato è necessario iscriversi alla F.A.C.I., con una quota di iscrizione di poche decine di euro, ma che dà diritto a questa agevolazione ed a molti altri vantaggi (cliccare qui per accedere al sito della F.A.C.I.).
La Fraternitas ha un solo negozio a Roma, in l.go Card. A.Galamini n.8, e vende anche per corrispondenza, sia tramite un catalogo cartaceo distribuito in decine di migliaia di copie in tutta Italia e all'estero, sia tramite questo sito di commercio elettronico inaugurato 18 anni fa quando l'ecommerce era ancora un'attività nota a pochi e diffusa solo tra le non molte persone pratiche di informatica.
La Fraternitas insieme alla F.A.C.I. con gli anni ha inoltre stipulato varie convenzioni con enti e aziende per fornire notevoli agevolazioni su vari servizi agli associati alla F.A.C.I.
Il Bollettino FACI del novembre 1920, pubblicando il testo dello Statuto della neonata Cooperativa Nazionale del Clero, con sede a Siena, dove la Federazione aveva anche la Direzione e l’organo di stampa, lanciava uno slogan preso dal poeta romano Virgilio: “Fervet opus!”. Come gran parte delle espressioni latine è breve, ma pregnante di significato. L’appello, in questo caso, era rivolto ai sacerdoti d’Italia, in particolare a coloro che già avevano aderito alla FACI, e illustrava la necessità che tutti si mettessero al lavoro per raccogliere azioni in favore della nuova istituzione, altrimenti l’entusiasmo per questa ambiziosa impresa sarebbe risultato inefficace, se non si fosse raccolta cioè, entro un mese, la somma di almeno centomila lire, il minimo necessario per iniziare un’impresa di importanza nazionale. Ecco perché “l’impresa è in fermento!”.
Tra i sacerdoti degli inizi ’900, uno degli impegni economici più onerosi era l’abbigliamento, che non lasciava spazio a tanta libertà di espressione, essendo fissata una divisa che ancor oggi possiamo vedere in immagini d’epoca o in qualche raro caso vivente. La stoffa costava molto, soprattutto quella di qualità, sicché sorse via via l’idea di creare una cooperativa tra il Clero che permettesse l’acquisto del materiale a prezzi di favore. Non mancarono dubbi e timori quando il 10 luglio 1920, a Roma, Don Nazareno Orlandi e i suoi collaboratori si riunirono per studiare il problema. Alla fine fu deciso, per realizzare una simile impresa, di costituire un capitale sociale di almeno £ 100.000, da sottoscriversi mediante azioni da £ 25 cadauna e di garantire ogni anno, allo scadere di ciascun semestre, una nota di prenotazioni per l’acquisto di stoffa o d’altre merci, accompagnate dal versamento di una quota percentuale dell’importo complessivo.
Tra i sacerdoti italiani non ci fu una risposta immediata, tanto da provocare un articoletto sul Bollettino della FACI, che qui riportiamo in parte: “Non sappiamo le sottoscrizioni che delle azioni da £ 25 ciascuna si saranno fatte presso le Sezioni, ma da noi alla Giunta ne sono venute molte poche, un par di cento in tutte. Ci vuol altro per arrivare alle tremila almeno necessarie! In questo modo non ci arriveremo neppure se vivessimo quanto Matusalemme”.
A sorpresa, però, giunse l’esempio e lo sprone di papa Benedetto XV che, in un’udienza concessa alla FACI nel settembre 1920, consegnò brevi manu un’offerta di £ 10.000 per iniziare l’opera.
Contemporaneamente una commissione stese lo Statuto che abolì il primitivo termine Federazione di cooperative, per sostituirlo con Cooperativa Nazionale del Clero, il cui atto costitutivo fu firmato a Siena il 28 dicembre 1920.
Così si può leggere nell’art. 3:
“La Società ha i seguenti scopi:
acquistare all’ingrosso e ripartire tra le Sezioni Diocesane della F.A.C.I., che funzioneranno da Succursali, generi di consumo del Clero – specialmente generi vestiari e di biancheria, cera, olio, oggetti di Culto, ecc.
provvedere al vantaggio economico sociale dei soci con iniziative proprie e col partecipare a quelle che venissero prese nell’interesse dell’economia popolare da pubbliche autorità e da altre associazioni” .
E ancora nell’art. 29:
“La Cooperativa vende ai soli soci a contanti e a prezzo di fabbrica, aumentato solo da una percentuale minima, onde coprire le spese di direzione e di amministrazione”.
Quindi non un’istituzione commerciale di pura speculazione, ma col fine di diminuire sensibilmente il prezzo delle merci poste in vendita, e non comunque di procurare copiosi dividendi sulle misere azioni di 25 lire.
Le cose cominciarono ad andare per il verso giusto, tanto da indurre Don Orlandi ad affermare nella relazione tenuta al II Congresso FACI a Bologna (27-29 settembre 1921): “Né ci ingannammo sull’aiuto che la Provvidenza Divina avrebbe portato all’opera nostra. Noi ci saremmo contentati – e ci pareva audacia il pensiero – di 100.000 lire di capitale iniziale. In pochi mesi invece il Capitale azionario è arrivato a £ 149.200 che, aggiunto alle 10.000 del S. Padre formano la somma di £ 159.200. Abbiamo davvero di che ringraziare il Signore”.
2. La Cooperativa Nazionale del Clero
La Cooperativa fu approvata con Decreto del Tribunale di Siena il 15 gennaio 1921. Iniziò le sue attività con grande prudenza, specialmente per la forte crisi delle industrie tessili allora in corso. Prese contatto con le principali fabbriche di stoffe e selezionò tre tipi di tessuto per andare incontro a tutte le necessità e alle possibilità dei portafogli dei preti. Cominciò trattative pure con alcune case fornitrici di biancheria e con la “Fraternelle”, cooperativa fra sacerdoti di Parigi, per l’acquisto di oggetti religiosi. A marzo, intanto, il Messaggero di Roma pubblicava la notizia che parecchie grandi fabbriche di stoffe dell’Alta Italia erano determinate a non consegnare più i loro prodotti ai negozianti, essendo sdegnate dell’enorme differenza che il commercio al minuto continuava a mantenere fra i prezzi di fabbrica e quelli del negozio, e affermava che queste grandi fabbriche chiedevano di poter consegnare i loro prodotti solo ai comuni e alle cooperative. La Cooperativa del Clero prese la palla al balzo per farsi presente a vantaggio dei sacerdoti d’Italia.
La risposta non si fece attendere: le decine di migliaia di lire inviate dai soci per la prima ondata di ordini, dimostrarono l’evidente interesse trovato nell’acquisto della merce proposta.
Ma nacque subito una difficoltà: si sperava che le Sezioni diocesane agissero da vere succursali, invece la maggior parte pretese che la merce fosse inviata raccomandata al domicilio stesso degli acquirenti, aumentando le spese di smistamento e di distribuzione da parte del centro.
A maggio la Cooperativa lanciò un nuovo appello affinché le Sezioni si persuadessero a fare l’operazione di taglio della stoffa, distribuendo poi esse stesse la merce. E aggiungeva: “Una donna di casa, una suora si può trovare dappertutto per tagliare la stoffa: in ogni modo noi abbiamo già fatte premure – che ci auguriamo non infruttuose – perché le Case fornitrici – che già hanno veduto l’importanza dell’azienda nostra – facciano esse per l’avvenire questi tagli, almeno quando si tratta di ordinazioni collettive di qualche importanza, per risparmiare tempo e danaro, e qualcuna ci ha risposto già favorevolmente. Più tardi, quando avremo un po’ più assicurato il piede, potremo aprire anche delle Agenzie, a cominciare dalle città più grandi, ma per oggi bisogna limitarci a far passi corti, per non farne dei falsi, che sarebbero letali”.
Riportiamo anche uno stralcio di reclame del 1921: “Possiamo oggi offrire, dopo laboriose operazioni colle diverse Case, tipi buoni di fodera e bellissimi di brillantina e alpagas e di biancheria, ai seguenti ridottissimi prezzi:
Fodere Silesias n.1 alt. cm 100 £ 7,00
Biancheria: appretto lisciviato alt. cm 90 £ 7,40
Tela lenzuoli alt. cm 90 £ 10,25
Tela di lino alt. cm 90 £ 16,20
Si aggiungessero al campionario camicie, calze lunghe in cotone nero, maglieria e cera. Si tardò a trattare di cappelli per il costo troppo elevato. Infatti, le numerose ditte contattate non sentirono ragione di portarsi a prezzi più ragionevoli. Solo verso la metà del 1921 il Bollettino poteva dare la buona notizia:
“Cappelli che nelle vetrine di Roma abbiamo veduti l’altro giorno col cartellino £ 57 e 59 noi li possiamo cedere ai prezzi che seguono:
Cappello seta pelo raso duro £ 39,00
Cappello seta pelo raso su paglia £ 40,00
Cappello seta pelo raso floscio £ 39,50
Durante il II Congresso FACI a Bologna, nella mattinata del 29 settembre 1921, in un salone del Seminario Regionale, si svolse l’Assemblea generale dei Soci della Cooperativa Nazionale del Clero con l’elezione della prima Presidenza: Mons.
Nazareno Orlandi, don Carlo Biagi, don Alfredo Lazzeri, don Attilio Baroni, don Gabriello Sozzi, don Alfredo Roggioni, don Lorenzo Taddei e il canonico Edamo Logi. L’Assemblea convenne inoltre che l’utile maturato nei primi mesi di attività - pari a £ 4.002,22 - fosse versato al fondo di riserva, anche per la difficoltà di ripartire una simile somma tra l’elevato numero di azionisti.
L’azione della Cooperativa procedette nel contesto della crisi economica e politica del momento, caratterizzata da un continuo aumento dei prezzi delle merci. Nonostante ciò si accaparrò un buon quantitativo di ottima stoffa dalla Svizzera, del buon cachemire e un certo quantitativo di flanella in lana per i propri soci, mentre venivano sospese le ordinazioni dei cappelli a causa di un lungo sciopero dei lavoratori della seta. Tramite una fabbrica tedesca arrivò perfino la possibilità di acquistare dei collari in caoutchou, e un accordo con due case editrici - la Società Editrice Fiorentina e la Società Anonima Tipografica di Vicenza - offrì l’opportunità di ricevere libri e opuscoli sacri a prezzi molto vantaggiosi.
Difficoltà e ritardi nelle consegne non mancarono, ma proprio in quel contesto di instabilità economica e di continui scioperi la Cooperativa prese una decisione coraggiosa superando ostacoli gravissimi. Agli inizi del 1922 fondò a Siena una fabbrica di cappelli da sacerdote con operai scelti, anzi i migliori che già lavoravano nelle più prestigiose fabbriche italiane:
una fabbrica creata col denaro del Clero d’Italia. Sempre in quell’anno si aggiunsero nuovi prodotti alla lista delle merci in vendita: sapone Lanza, coperte di lana, tappeti, corone del rosario, immagini sacre, registri canonici prestampati e medaglie.
Ma la vera novità furono i paramenti sacri. Così riferisce con soddisfazione il Bollettino FACI di maggio: “Era tanto tempo che stavamo dietro a diversi setifici per combinare un tipo di stoffa per paramenti sacri che all’eleganza unisse la robustezza e l’assoluta osservanza delle leggi liturgiche.
Oggi siamo lieti di annunziare ai nostri soci che siamo riusciti, dopo lunghe trattative, a presentare tipi splendidi di stoffe per paramenti sacri ordinari. Diciamo ordinari, non nel senso che non si possano usare magari nella più ricca e più imponente Cattedrale d’Italia, ma perché non sono fregiati di ricami d’oro e d’argento, come tanti paramenti di vetrina, paramenti dozzinali che stanno agli antichi paramenti usciti dai nostri monasteri come noi stiamo al turco. Domani presenteremo anche stoffe di lusso, per oggi ci contentiamo di paramenti ordinari. Le nostre stoffe però sono intieramente di seta, senza un filo di cotone, fortissime con disegni stampati o tessuti, con disegni della migliore scuola Toscana del buon gusto antico. Siamo sicuri di incontrare anche in questo il pieno compiacimento dei nostri federati. Eppoi guardate i prezzi e confrontate!!”.
Ma la direzione della Cooperativa mirava già ad avere anche una cereria propria, per cui si presentava la necessità di aumentare il capitale sociale. Cominciò così un’azione di propaganda affinché i sacerdoti trovassero il coraggio e qualche soldo per nuove sottoscrizioni, ricordando che molti di loro sfruttavano i numerosi vantaggi della Cooperativa senza avere nemmeno un’azione. Anche in questo caso è significativo il testo:
“Bisogna fare opera di persuasione presso costoro e presso anche quelli che han già sottoscritto qualche altra azione … Ci siamo intesi? Alla prossima assemblea della Cooperativa la Cereria deve essere un fatto compiuto. Tutti al lavoro dunque in nome di Dio”.
Sul finire del 1922 la Cooperativa aprì un piccolo magazzino di stoffe a Roma, in Via Giulia n° 63, presso le Suore Giuseppine, il cui istituto era sorto particolarmente per aiutare il clero. Ai tessuti si aggiunsero ben presto i cappelli, tanto richiesti nella capitale.
Il 1923 è l’anno in cui la Cooperativa, accogliendo le richieste dei preti e guardando al progresso, lancia nuovi prodotti a beneficio del Clero e dell’azione pastorale da esso svolta. Su questa linea la simpatica risposta ad un appello molto puntuale:
“Molti sacerdoti specialmente dell’Alta Italia ci hanno richiesto di cercare per le loro Chiese e le loro famiglie del buon olio toscano, il che abbiamo fatto molto volentieri, mettendoci in relazione con una delle Fattorie più rinomate presso Montepulciano, che ha senza confronto l’olio più puro della Toscana. Si pensi che anche per il consumo delle lampade vale il proverbio:chi più spende meno spende”.
Contemporaneamente la Cooperativa si fece promotrice della diffusione di un’invenzione, il “pericerion”, ossia un involucro in porcellana che, avvolgendo le candele, provvisto al suo interno di un meccanismo dotato di una molla che spinge verso l’alto, non solo fa sì che ardano tranquille con una combustione costante, ma impedisce che la cera grondi o che schizzi sulle tovaglie, o che si formino quei grumi che, poi cadendo sugli altari, li imbrattano. Un’altra iniziativa fu quella di ordinare a Colonia, in Germania, centinaia di migliaia di immagini sacre a colori, incantevoli, su carta pregiata, riproducenti i quadri più belli del Beato Angelico, di Raffaello, del Murillo, del Perugino, di Luca Signorelli e del Ghirlandaio.
Furono scelti i soggetti più comuni, adatti per la Prima Comunione, per le feste della Madonna, o per le solennità del Signore. Interessante anche la motivazione che accompagnava la pubblicità: “D’altronde bisogna educare un po’ il nostro popolo al sentimento dell’arte e togliergli di mano certe brutte e deformi immagini che abbiamo visto distribuire …”.
Alla Cooperativa nel 1923 non mancò di concludere contratti con ditte rinomate per assicurare ai propri soci materiale di alta qualità, come ad esempio con la famosissima Lanerossi:
“Dal Lanificio Rossi di Schio abbiamo ricevuto tutte le stoffe da estate che sono state per noi fabbricate espressamente per il valore di più di 70 mila lire. Sono magnifiche!”.
Si aggiungano poi le statue a soggetto religioso, i bottoni stampati a superficie convessa per tonaca o quelli grandi a superficie piana per cappa, i più svariati capi di biancheria sia da chiesa che per uso personale, e opuscoli vari, tra cui il Nuovo Testamento.
A tal proposito il Bollettino esorta sul finire del 1923: “Un altro libro che bisogna assolutamente diffondere tra il popolo è il Nuovo Testamento. Fa vergogna a noi italiani l’ignoranza completa della Bibbia. Che almeno si legga il Nuovo Testamento! Dovrebbe ciascuno di noi imporsi di non fare per un po’ di tempo altri doni, in occasione di feste, all’infuori di questo. L’edizione che abbiamo scelta è raccomandabilissima, tascabile, elegante ed economica: non costa che lire 7,60”.
Con la rivalutazione della moneta operata dal governo fascista si rischiò il fallimento, ma la Presidenza dell’istituzione seppe correre ai ripari svuotando il più possibile i magazzini e vigilando sulle provvigioni. In quegli anni le due Cooperative Nazionali, quella Ceraria con sede a Roma e quella generale con sede a Siena, oltre a provvedere a generi a buon prezzo per i sacerdoti, favorirono opere sociali, in particolar modo la costruzione di una casa al mare per il clero.
Nel clima politico profondamente mutato dell’Italia fascista, non venne meno da parte della FACI di presentare al Governo le richieste del Clero. Anzi don Orlandi, in una delle prime udienze col Duce, alla domanda: “In nome di chi venite a parlare?”, rispose senza esitazione: “A nome del Clero italiano!”.
Mussolini, abile calcolatore, conoscendo che i sacerdoti in Italia erano circa 75.000, da quel momento lo trattò sempre con rispetto e considerazione. Comunque, per i seguenti vent’anni, la FACI non organizzò più dei congressi, ma semplicemente delle assemblee in cui gli ordini del giorno con relativi dibattiti erano assenti, per lasciare posto al resoconto morale e finanziario dei due anni precedenti da parte dei vertici della Federazione, anche riguardo alla Cooperativa. Si accettavano domande e si davano risposte dalla Presidenza, con grande cordialità, ma sempre rigorosi col programma prestabilito. Si trattò indubitabilmente di una diminuzione di libertà e di iniziativa, a scapito dell’entusiasmo che animava i dibattiti e le assemblee degli esordi.
Nel 1932 “L’Amico del Clero” affrontò con coraggio il problema della Cooperativa tracciando un confronto con la situazione bavarese, dove il Clero aderiva al 97% alla “Liga” (organizzazione economica ecclesiastica), mentre in Italia solo il 9% dei sacerdoti della FACI si avvaleva della Cooperativa Nazionale del Clero e del suo Consorzio, sminuendone così le enormi potenzialità, a tal punto che l’autore dell’articolo si interrogava:
“A quale scopo sono sorti questi due enti? …dare al Clero la migliore merce a prezzi modestissimi, aiutare le opere assistenziali del Clero con gli eventuali avanzi di bilancio.
Tutti e due gli scopi sono stati raggiunti: ma se tutto il Clero nostro si persuadesse della opportunità di rifornirsi e presso il Consorzio per le forniture al Clero in Roma, per ogni specie di merce, e presso la Cooperativa per i cappelli di sua fabbricazione e per gli oggetti sacri a cui specialmente è stata riservata la sua attività, quanto maggior vantaggio avrebbe il Clero e per la sua borsa personale e per le opere sociali che per esso vengono da noi istituite! Invece … E allora? Allora bisogna vincere la solita avversione alle innovazioni, la solita noncuranza, e vedere di avvicinarsi a queste due istituzioni, che tanti vantaggi possono portare al Clero, particolarmente col dare aiuto a quelle opere assistenziali, che sono così urgenti per tanta parte di noi”.
Nel 1933, intanto, la FACI fondò una mutua di assicurazione per la invalidità e la vecchiaia dei sacerdoti, chiamata “Fraternitas”, ad indicare l’unione di tutti i preti in una sola famiglia.
Proprio questo identico nome tre decenni più tardi indicherà un’altra opera della FACI ...
La Cooperativa, oltre all’altra merce, si interessò negli anni ’30 di fornire vino per la celebrazione della S. Messa, assicurandosi una clientela numerosa e affezionata in continuo aumento: dal Chianti al Vin Santo, dal Passito al Marsala. Ma in quegli anni gli appelli della direzione ai soci si fecero sempre più pacati, evitando toni forti, come si legge in un numero della rivista del 1936:
“Siamo sicuri che tutti i nostri Confratelli apprezzeranno convenientemente l’opera assidua degli amministratori della nostra Cooperativa, che si studiano di venire sempre meglio incontro alle esigenze dei propri clienti, e vorranno con la più assoluta tranquillità valersi dell’opera della stessa, sicuri di ricevere un trattamento di assoluta garanzia tanto per la qualità che per i prezzi …, senza aggiungere che concorreranno ad aiutare le opere assistenziali a vantaggio del Clero, alle quali sono devoluti gli utili, sia pure modesti, della Cooperativa stessa”.
Con la Guerra Mondiale le attività procedettero a stento, pur continuando “L’Amico del Clero” a pubblicare la lista di prodotti della Cooperativa. Nel 1944, però, uscì questo comunicato:
“Abbiamo sospeso la pagina fino ad ora riserbata alle vendite della Cooperativa sia per la difficoltà degli acquisti sia specialmente per la difficoltà, l’impossibilità anzi delle spedizioni. Non possiamo spedire che i ricordi per Matrimoni, perché possiamo farli passare come manoscritti: il resto no, anche perché sarebbe oramai pericoloso, date le persistenti incursioni sulle ferrovie. Abbiano dunque pazienza i nostri amici. Anche qui riprenderemo il via non appena sarà possibile”.
A conflitto finito, si dovette riattivare l’intera vita della FACI, che aveva subito ingenti danni materiali nelle sue case e una paralisi quasi completa nel suo organismo. Il nuovo vicepresidente si diede subito daffare su tutti i fronti: incrementò “L’Amico del Clero”; si adoperò alla riapertura della casa di Montecatini; riattivò la Cooperativa del Clero; affidò la gestione della “Fraternitas” alla Società Cattolica di Assicurazione di Verona. Intanto le spedizioni della Cooperativa ripresero e col tempo la situazione tornò a operare sul territorio nazionale.
Nel 1949 scadeva il Consiglio Direttivo della FACI, ma la mancata approvazione del nuovo Statuto da parte della Sacra Congregazione del Concilio creò attesa ed apprensione.
La Federazione comunque continuò il lavoro degli uffici, cercò di difendere quanto di meglio si era fatto nel passato, anche se era fin troppo evidente che il cammino si trascinava faticosamente sulla linea obbligata di una amministrazione ordinaria, con il silenzio più totale sui problemi più scottanti, evitando ogni combattivo programma di parola e di azione verso governi, partiti e stampa.
Tuttavia in quei mesi i dirigenti salvarono la FACI e la Cooperativa dal pericolo della soppressione.
Si aggiunga che agli inizi degli anni ’50 il Governo, pur venendo incontro a diverse categorie di cittadini in campo previdenziale, non fece altrettanto per il Clero.
La FACI intervenne tempestivamente sulle pagine de “L’Amico del Clero” dove presentò un progetto adeguato che vedeva impegnato lo Stato a corrispondere agli Ordinari una somma sufficiente per far fronte ai casi più bisognosi. Il 28 giugno 1955 finalmente arrivò da parte della Santa Sede l’atto di solenne approvazione della FACI dopo quasi quarant’anni di esperienze e di vicende non sempre liete, anzi talvolta così tristi al punto d’essere incerti sulla continuità di questa istituzione.
Questo si può considerare nella forma il primo atto ufficiale, o almeno solenne, rivolto dalle autorità ecclesiastiche alla Federazione, la quale riceveva con quel decreto una sorta di mandato istituzionale per la difesa e la tutela del Clero italiano al cospetto dello Stato.
Con un entusiasmo ritrovato, a partire dai primi mesi del 1961 la FACI cominciò ad attrezzare una nuova sede a Roma, più ampia, accogliente, comoda e soprattutto centrale, situata in Piazza di S. Andrea della Valle. Così si raggiunse un’altra tappa nella storia del Clero d’Italia: dalla prima sede di Siena, che aveva visto la nascita e il graduale sviluppo della Federazione, a quella ben organizzata di Roma. Nel medesimo stabile si inaugurarono anche i locali della Cooperativa Nazionale del Clero ribattezzata “Fraternitas”, sempre con lo scopo di offrire ai sacerdoti il necessario per il loro ministero a condizioni economiche più che vantaggiose.
La decisione fu presa durante il XVI Congresso nazionale della FACI, tenutosi nella capitale, a conclusione del quale Giovanni XXIII ricevette in speciale udienza, nella Sala Clementina del Palazzo apostolico, circa 400 sacerdoti federati, provenienti da tutte le diocesi italiane. Il nome “Fraternitas” - ormai decaduto per la Mutua - fu voluto in ricordo di Mons. Nazareno Orlandi e di quanto egli aveva lavorato e combattuto affinché l’idea della previdenza al Clero diventasse una consolante realtà. Si scrisse un nuovo Statuto approvato durante l’Assemblea straordinaria della Cooperativa svoltasi a Siena il 26 ottobre di quell’anno, dove organi sociali previsti erano l’Assemblea dei soci, il Consiglio di Amministrazione e il Collegio sindacale.
L’art. 2 illustra la continuità dell’opera:
“La società non ha finalità speculative. Essa si propone gli scopi seguenti:
Produrre in proprio od acquistare all’ingrosso e vendere ai propri soci generi ed articoli rispondenti alle necessità del Clero e del suo ministero sacerdotale.
Provvedere ai bisogni morali, sociali, economici e culturali del Clero, secondo la finalità dello Statuto della Federazione Nazionale del Clero Italiano”.
La “Fraternitas” conobbe un periodo di rapido sviluppo e si dimostrò come una vera cooperativa a responsabilità limitata, operante tramite il suo negozio di Roma dotato di tutte le licenze commerciali, iscritto alla Camera di Commercio e con bilancio annuale sottoscritto agli organi tutori.
Nonostante il dichiarato carattere commerciale, non ne ha mai avuto lo spirito, perché la “Fraternitas” sin dalle origini, come Cooperativa Nazionale, non ha mai compiuto speculazioni, non ha mai fatto magazzino, eccetto che per merci di minimo valore. In questo modo non c’è stato mai nemmeno il pericolo che fallisse o che entrasse in crisi.
Una sola difficoltà ha sempre preoccupato, anche se non dipendente dalla cooperativa: l’efficienza nel servizio di spedizione degli articoli a domicilio. Si tratta dell’eterno problema di ridurre il tempo fra l’ordinazione e la consegna, e di offrire ogni garanzia che la merce arrivi sana e salva.
La riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II (1962-1965) indusse la “Fraternitas” ad aggiornare il campionario di prodotti, soprattutto nel settore dei paramenti liturgici e delle suppellettili sacre.
Nel 1970, nel clima generale di contestazione, anche la FACI e la sua cooperativa furono messe sotto accusa dai preti stessi, che non ne coglievano più il senso e l’utilità.
Sulle pagine de “L’Amico del Clero” apparve allora un articolo accorato che così rispondeva in difesa della “Fraternitas”:
“Ci si accusa di non fare l’interesse del clero, di fare anzi l’interesse soprattutto nostro, di essere insomma un’associazione prevalentemente «materiale». Mettiamo subito da parte l’ultimo elemento dell’accusa. E senza tema di smentita affermiamo che la FACI non ha mai avuto e mai avrà nell’essenza della sua istituzione uno scopo prevalentemente materiale …
E veniamo agli altri elementi dell’accusa. Noi non abbiamo affatto riscontrato quell’identità di prezzi per identici articoli, come ci è stato rinfacciato. Ma anche se la cosa fosse vera, possiamo affermare che si tratta di eccezioni: e l’eccezione, come ognuno sa, conferma la regola.
Ma poi si è proprio sicuri che quel determinato articolo corrisponde al modello offerto dalla Fraternitas, con le stesse caratteristiche e garanzie? Noi infatti ci teniamo tanto a che i nostri articoli siano veramente buoni e garantiti: ne andrebbe dell’onore nostro e della soddisfazione dei clienti …
Vogliamo dire di più. Molti sacerdoti che hanno acquistato altrove, poi hanno preferito venire o tornare da noi, proprio per la bontà e sicurezza dei nostri articoli.
E perché?
Perché la nostra cooperativa opera una selezione degli articoli da offrire al clero dettata da criteri di sicurezza, risparmio, qualità, serietà. Concludiamo facendo notare che i prezzi di eccezione, ammesso che qualcuno riesca a trovarli altrove, ci sono nei grossi centri urbani, in cui nasce quel sottomercato di cui è difficile dimostrare la «buona fede». Ma ogni benpensante (e riteniamo che lo sia o per lo meno debba esserlo ogni prete) rifugge da questi sottomercati con relativi sottocosti: puzzano troppo di inganno. «Preferisco pagare qualcosa di più, se necessario, ma voglio essere sicuro che l’articolo mi funzioni»: così sentiamo dirci molte volte dai confratelli. Il che costituisce un elogio e una soddisfazione”.
Nel 1977 la cooperativa “Fraternitas” attuò un piano di ampliamento della propria attività invitando i parroci a segnalare alcuni nominativi di laici che fossero interessati a ricevere il listino dei prezzi riguardante le merci in vendita. Gli indirizzi pervenuti furono così inseriti nello schedario generale e si cominciò a spedire a tutti il catalogo della “Fraternitas”. In questo modo si poteva, allargando la clientela, praticare quotazioni sempre più vantaggiose, specialmente per il Clero. Il negozio di Piazza S. Andrea della Valle era aperto tutti i giorni feriali, dalle ore 8 alle 14, mentre il martedì anche il pomeriggio dalle 15 alle 19.
Nel 1985 la sede della FACI e della Cooperativa “Fraternitas” fu trasferita in Largo Card. Galamini, dove tuttora si trova, lungo il Viale Gregorio VII, in ambienti più vasti e più adatti all’opera.
Il 3 giugno furono convocati i soci della Cooperativa in Assemblea straordinaria a Roma, presso una sala riunioni di Largo Giorgi, per discutere sul trasferimento della sede. Il successivo 17 giugno si ritrovarono in Assemblea ordinaria a Montecatini Terme, nella Casa della FACI, per verificare e deliberare sull’esercizio dell’anno 1984, sulla relazione del Collegio sindacale e sull’approvazione del bilancio sociale.
Una nuova svolta per la Federazione venne il 29 marzo 2001 quando il Consiglio Permanente della CEI nominò nuovo presidente della FACI don Luciano Vindrola, che avviò una riorganizzazione dell’istituzione e una serie di riforme coraggiose.
Nel 2005 aumentò il numero delle convenzioni stipulate dalla FACI a condizione di vero favore per i propri tesserati. Intanto anche la Cooperativa di consumo “Fraternitas”, ampliava, a prezzi particolarmente convenienti, la gamma dei propri prodotti: da apparecchi fotografici a computer, da organi liturgici a televisioni, da elettrodomestici ad attrezzatura di amplificazione, da libri ad arredi sacri, da abbigliamento a paramenti liturgici. Nel 2006 la “Fraternitas”, infine, ha cessato di essere la cooperativa di consumo della Federazione, tornando alla forma originaria, al tempo in cui era una diretta emanazione della Federazione, e diventando una società s.r.l. unipersonale, la cui guida è stata affidata al presidente FACI in qualità di unico amministratore. La “Fraternitas” si è trasformata, quindi, in negozio a tutti gli effetti.
Anche oggi, finché riuscirà ad offrire al Clero articoli a prezzi ottimi e di ottima qualità, la “Fraternitas” svolge il suo lavoro di assistenza economica ai sacerdoti. Se questo lavoro si interrompesse, la peggiore delle ipotesi sarebbe, come già detto, di chiudere alla pari, perché la “Fraternitas” non cerca l’utile - e qui sta la sua caratteristica specifica - ma semmai trasforma l’utile in riduzione dei prezzi.
Lo scopo della “Fraternitas” è quello di offrire vantaggi ai soci, infatti la sua peculiare natura sta proprio nella distribuzione di un utile non al termine dell’anno, ma all’atto stesso della vendita, contro la concorrenza di altri rivenditori, pur amici dei preti e loro benefattori. L’obiettivo istituzionale è dunque quello di garantire il risparmio senza rinunciare alla qualità. È in questo modo che la “Fraternitas” intende realizzare una delle finalità dello Statuto della FACI, che è quella di assistere il Clero anche sul piano economico.
Attualmente il catalogo “Fraternitas” offre un’infinità di articoli ben diversi da quelli delle origini, in linea con i tempi e con il grande progresso degli ultimi decenni.
È possibile la vendita per corrispondenza, con la guida di un catalogo a tutt’oggi distribuito in 35.000 copie su tutto il territorio italiano e la possibilità di ordinare la merce in modo rapido, anche inviando un semplice fax. A ciò si aggiunge un nuovo strumento che utilizza internet per la pubblicazione di un più ricco catalogo e per un’immediata vendita: il commercio elettronico, disponibile all’indirizzo www.fraternitas.it.
Questo offre diversi vantaggi: una più vasta gamma di prodotti, una ricerca facilitata della merce, l’aggiornamento ad horas delle disponibilità e dei prezzi, e infine le ultimissime promozioni.
La FACI, poi, accoglie in qualità di soci accreditati anche religiosi, religiose e laici che a vario titolo collaborano con i sacerdoti nella gestione delle comunità parrocchiali e diocesane, estendendo loro i propri servizi, compresa la possibilità di comperare dalla “Fraternitas”.
I tempi sono cambiati, la Chiesa è cambiata, il Clero è cambiato, ma la FACI continua la sua provvidenziale azione in favore dei sacerdoti, anche attraverso la “Fraternitas”, che già mostra i frutti del rinnovamento, quindi oggi, come novant’anni fa’, è attualissimo il motto “Fervet opus!”.
Mons. Antonio Marangoni
Indirizzo: Largo Card. Agostino Galamini, 8 - 00165 Roma
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