La vita di Mons. Orlandi può efficacemente riassumersi in un continuo slancio di amore. Amore verso la gioventù, amore verso i derelitti, gli oppressi, i miseri, i sofferenti, gli increduli, amore sublime anche verso gli avversari. Amore fraterno verso la causa della Chiesa e del Clero.
L'Uomo, il Sacerdote, l'Apologista, lo Scrittore, l' Educatore rivive nelle sue opere.
Non si può disgiungere l'opera di Mons. Orlandi, oratore, da quella del giornalista e del pubblicista.
Scrisse volumi su S. Bernardino da Siena, elaborò, da conoscitore profondo della lingua inglese, una grammatica ad uso degli stranieri angloamericani, per l'apprendimento della lingua italiana, manuali di giuochi ginnastici e per i Boy-Scouts, ma soprattutto dette avvio alla pubblicazione dei due periodici “Il Popolo di Siena” “L'Amico del Clero”.
“L’amico del clero”, organo ufficiale della Faci, nasce nel 1919.
Le pagine del periodico, oggi comprendenti interi volumi, costituiscono un monumento perenne della multiforme attività pubblicistica di Mons. Orlandi. Rievocare gli articoli, il contenuto, la logica serrata del ragionamento, la dirittura e la linearità delle espressioni, la chiarezza esplicita e senza reticenze, in un'epoca nella quale pochi o punti avevano il coraggio di esprimere le proprie opinioni, è cosa ardua ed impossibile. Innumerevoli le campagne sostenute e di cui ci parlano le pagine del periodico.
Dalle lotte contro l'iniquo Decreto Sacchi, del 1919, poi abrogato, a quelle per la liberazione di Don Riva, a quelle per gli aumenti di congrua, per la riforma della legislazione ecclesiastica, contro l'occupazione dei terreni beneficiari, in difesa delle Opere Pie, per la revisione delle molteplici imposizioni tributarie sul Clero, in difesa dei benefici vacanti, è tutta una serie di lotte sostenute dalle pagine de «L'Amico del Clero» per XXVII anni, ininterrottamente e personalmente sino agli ultimi giorni della sua vita.
Don Orlandi, nel numero del decorso mese di Luglio, quasi presagio della fine imminente, scrisse l'articolo di ripresa, dopo la forzata sospensione di un anno e più, dovuta alle contingenze del periodo di guerra recente, articolo di magistrale sintesi della bufera passata, quasi testamento spirituale proprio, riepilogo di tante fatiche e di tante doloranti perdite, per il suo grande cuore.
Riprendiamo la parte finale:
«Avanti dunque e daccapo. Iddio ci benedirà, perché nulla facciamo nell' interesse personale nostro, ma tutto nell' interesse della Chiesa e del Clero. Se l'esercito del male si stringe per combat-terci, e noi stringiamoci per difenderci, per difendere con la Chiesa e con noi il patrimonio della Civiltà cristiana, il nostro popolo traviato oggi da false e illusorie dottrine, la nostra fede, le nostre idealità sacre. Nulla di più bello, nulla di più glorioso di una tale impresa, alla quale dobbiamo portare il contributo di tutte le nostre energie, con coraggio, con entusiasmo, con indomita fierezza».
Don Orlandi
Il clima di acceso anticlericalismo identifica nella Chiesa, dunque nel prete, la causa di ogni evento negativo, a cominciare dalla grande guerra: il clero, sottoposto alle accuse più contraddittorie - collaborazionismo, spionaggio, sabotaggio… - vive un periodo di estrema difficoltà, costretto a subire, per motivi diametralmente opposti, gli attacchi congiunti dell'anticlericalismo interventista.
L'indegna campagna culmina, nell'ottobre del 1917, nel decreto 1561 del guardasigilli Sacchi, con cui è consentito alla magistratura di perseguire le manifestazioni ostili alla guerra, fino ad allora non perseguibili. Tale atto ha il risultato immediato di rilanciare un po' dappertutto nella penisola le associazioni di difesa del clero, già sorte in alcune località (Torino, Vercelli, Milano, Lucca, Bologna, Firenze, Spoleto, Caltanissetta…) per far fronte allo scoppio anticlericale del 1907.
In realtà, lo scoppio anticlericale della prima guerra mondiale è solo il punto di emergenza di una congiuntura storica già in atto fin dall'inizio del secolo; tale congiuntura ha le sue radici all'interno del cattolicesimo nel quale, dopo la crisi del '48, prevale una linea ispirata da una mentalità intransigente che si rifà ad una visione del mondo polarizzata da due caratteristiche estreme: la nostalgia per la cristianità medioevale e il rifiuto del mondo moderno, visto unicamente come una sequenza di rivolte, a cominciare dalla Riforma Protestante per finire alla rivoluzione francese.
In una situazione così complessa e difficile, si inserisce il ruolo del settimanale cattolico "Il popolo di Siena" diretto da Nazareno Orlandi, sacerdote di grande intraprendenza che, fin dall'inizio del secolo, si serve della pubblicazione per definire in Siena e provincia un tipo ben preciso di presenza della Chiesa nella società italiana del tempo.
Gli scoppi anticlericali non colgono tuttavia di sorpresa il sacerdote, che non esita a interpretarli come manifestazioni di una ben precisa volontà: giustificare un'estensione applicativa delle leggi emanate nel 1866-67 per porre fine al potere temporale della Chiesa.
E' ovvio che la strategia migliore per affrontare i continui attacchi alla figura del prete non può che essere il ricorso ad una posizione unitaria: le difficoltà condivise fungono da catalizzatore e spingono le singole realtà, che già si sono organizzate, a far fonte comune.
Le numerose esperienze di aggregazione hanno, se pur tra mille difficoltà interne ed esterne, egregiamente preparato il terreno: grazie a questo, un gruppo di sacerdoti senesi, con a capo proprio Mons. Nazareno Orlandi, si avvia verso la costituzione di una Federazione Nazionale.
S.E. Mons. Prospero Scaccia, autorevole arcivescovo di Siena, non manca di incoraggiare l'intraprendente gruppo di avanguardia, a cui concedono il loro appoggio tutti i vescovi della Toscana raccolti attorno al prestigioso cardinal Maffi.
Il Convegno di Pisa, dunque, segna la data di nascita della FACI: una Federazione di associazioni diocesane, ciascuna riconosciuta e approvata dal suo vescovo. Lo scopo specifico, visti i tempi, non può che essere uno: la "difesa" del clero, difesa in senso lato e quindi sia per ciò che concerne le cose materiali e sia - e maggiormente - per ciò che si riferisce all'onore, alla dignità e alla libertà del ministero. Una cosa è chiara fin dall'inizio: la FACI non è un sindacato, non può correre il pericolo di essere declassata, ridotta alla stregua di un sindacalismo intemperante e unicamente interessato al benessere materiale: ben ribadisce il concetto il cardinal Maffi che, eletto trionfalmente alla Presidenza, chiama accanto a sé, in qualità di vicepresidente, Mons. Nazareno Orlandi.
Il Santo Padre rassicurò i convenuti, aprì un cassetto e disse “Ecco, il Papa sarà il primo socio della Cooperativa del Clero”. In quell’istante consegnò 10.000 lire lasciando i presenti sbalorditi.
Passata indenne attraverso il tragico periodo del fascismo e del II conflitto, superate le difficoltà del dopoguerra e affrontati gli sconvolgimenti dell’era postindustriale, la nostra Federazione ha comunque vissuto il sacrificio – e talvolta l’olocausto – di coloro che l’hanno sostenuta, amata e protetta tanto da consentirle di arrivare al nuovo secolo senza snaturarsi, senza perdere di vista quell’obiettivo verso il quale il suo fondatore Mons. Nazareno Orlandi l’ha guidata nei suoi primi passi.
Nel 1936 si inaugura il Sanatorio di Arco di Trento, sorto dalla mente e dal cuore di Mons. Orlandi. Il luogo si trova a circa 100 metri sul livello del mare, in prossimità del Lago di Garda, in una conca aprica e soleggiata circondata per tre lati da montagne che raggiungono i 2000 metri. Mons. Orlandi é appoggiato dall'arcivescovo di Trento Mons. Endrici e dalla signorina Hilde Angerger, che mette a disposizione la propria grandiosa villa paterna e il magnifico parco che la circonda, per un'estensione di quasi tre ettari. Il Sanatorio, inaugurato il 23 settembre 1936, è dotato di una capacità di 80 posti letto, in 50 camere.lll
Il Sanatorio del Clero è diventa segno di provvidenza e speranza per i sacerdoti malati di tisi, ne accompagna il difficile cammino verso la ripresa e li restituisce al loro impegno pastorale. Debellata la malattia del secolo, la Faci, negli anni ‘70 decide di lasciare Arco di Trento.
Dal mese di febbraio 1958, attuando i voti unanimi espressi dai Delegati regionali della F.A.C.I, si apre una nuova sede della Federazione a Roma, in Via Cicerone N° 44. La Direzione, comunque, rimane nella sede di Siena. L'Ufficio di Roma cura il disbrigo delle pratiche amministrative presso i Ministeri, con particolare riguardo a quelle di competenza della Direzione Generale dei Culti e del Fondo per il Culto.
Nel gennaio 1960 l'Ufficio romano della F.A.C.I. si trasferisce nella sede della C.E.I. stessa, in Via della Conciliazione N°1, per volere del Presidente della C.E.I. card. Giuseppe Siri.
A partire dai primi mesi del 1961 si comincia ad attrezzare una nuova sede in Roma, più ampia, accogliente, comoda e centrale, situata in Piazza S. Andrea della Valle N° 6. Viene inaugurata il 20 febbraio 1962 con una semplice cerimonia, durante la quale la benedizione è impartita dal Card. Siri. La novità consiste nel fatto che qui si trasferisce anche la Direzione, che lascia Siena, e "L'Amico del Clero". Si inaugurano, infine, i locali della Cooperativa "Fraternitas", che ha lo scopo di offrire ai sacerdoti quanto loro necessita, a condizioni più che vantaggiose.
Il 1° gennaio 1964 entra in vigore l'assistenza malattia per i pensionati del Fondo Clero, gestita dall'Istituto "Fides" che riconosce integralmente tutte le prestazioni sanitarie occorrenti in corso di malattia, al 100 % le spese per medicinali e, nei limiti delle tariffe regolamentari, le spese per analisi o altre prestazioni.
Per far fronte alle ingenti spese preventivate, il presidente Mons. Marchi lancia un appello al Clero italiano:"un obolo di almeno mille lire per sacerdote ".
Il 24 settembre 1970 il Consiglio Permanente della C.E.I. conferma presidente della F.A.C.I. Mons. Marchi per il triennio 1970 - 1973. Nel 1974 nasce il Patronato Faci, legalmente riconosciuto dallo Stato italiano, allo scopo di salvaguardare i diritti previdenziali e assistenziali del Clero.
Il 24 settembre 1974 il Consiglio Direttivo della F.A.C.I. delibera di dare inizio ai lavori per la costruzione della nuova casa di Montecatini, provvedendo alla copertura delle spese con il ricavato della vendita del Sanatorio di Arco e con una raccolta di denaro dal Clero.
Nel 1987 il Consiglio Permanente della C.E.I. affida alla F.A.C.I. la responsabilità e l'amministrazione della casa "Regina Pacis" di Acquaviva di Nerola, precedentemente gestita dalla Direzione Generale Affari di Culto del Ministero degli Interni. L'opera ospita trenta sacerdoti anziani, di cui alcuni disabili, provenienti da varie diocesi.
Il 31 marzo 1987 il Consiglio Permanente della C.E.I. approva il nuovo Statuto della F.A.C.I., che sostituisce quello precedente del 1° luglio 1955. Vengono confermate le linee essenziali tracciate dal fondatore, Mons. Orlandi, ribadendone le finalità e gli obiettivi e conservando la natura federativa tra le Associazioni diocesane del Clero.
Il 24 ottobre 1988 per un ulteriore triennio viene confermato, dalla Presidenza della C.E.I., presidente della F.A.C.I. Mons. Marchi. Nel 1988 inizia una serie di interventi di ristrutturazione nella casa "Regina Pacis" di Nerola, dalla cappella alla cucina, alla messa a norma degli impianti.
Nel 1990 il Consiglio Direttivo della F.A.C.I. delibera di ristrutturare e ampliare la casa di Marina di Massa; i lavori iniziano nel gennaio 1991 e si protraggono per un anno e mezzo. Si ottengono 80 camere servite di bagno interno, nuovo mobilio, doppio ascensore e aria condizionata. L'inaugurazione del complesso rinnovato avviene il 17 giugno 1992 con benedizione da parte dell'arcivescovo di Firenze, Card. Silvano Piovanelli. Antistante la casa, una spiaggia indipendente, a cui si accede direttamente senza dover percorrere grandi distanze, permette agli ospiti di fare vita di mare. La struttura, oltre a luogo di vacanza, è usata anche per incontri e ritiri spirituali, sia nella stagione estiva che in quella invernale.
Il 16 marzo 1998 la Presidenza della C.E.I. nomina presidente della F.A.C.I. don Luciano Benassi di Modena, affidando la vice - presidenza a Mons. Marchi.
Quando tutto sembrava ritornare nella serenità, il 06 ottobre del 2013, solo dopo quattro mesi di presidenza, don Pierluigi Bettoli lascia prematuramente l’esperienza terrena per vivere quella eterna; nel frattempo la Faci veniva guidata dal vice presidente don Pantaleo Abbascià, diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, fino a dicembre quando la Cei nominava come presidente della stessa don Francesco Scalmati, diocesi di Ancona-Osimo.