Imu e Ires sconti per gli edifici di culto

L’Esenzione dalle imposte sui redditi e da quella sugli immobili vale anche  per le “pertinenze” 

 

Tra le agevolazioni fiscali previste per gli immobili degli enti ecclesiastici assumono particolare rilievo, soprattutto per le parrocchie, quelle relative agli edifici di culto e alle relative pertinenze che sono esentate sia dalle imposte sui redditi (Ires) che dall’Imu.

 
Le norme di esenzione. L’esenzione Ires è disposta dal terzo comma dell’articolo 36 del D.P.R. 917/1986 in forza del quale «non si considerano produttive di reddito, se non sono oggetto di locazione, le unità immobiliari destinate esclusivamente all’esercizio del culto (…) e le loro pertinenze». Per quanto concerne l’Imu l’esenzione è prevista dall’articolo 1, comma 759, lettera d) della L. 160/2019 che riguarda «i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto (…) e le loro pertinenze». Va segnalato che questa esenzione è stata prevista, senza soluzione di continuità e con la medesima formulazione letterale, fin dal 1993 dall’articolo 7, comma 1, lett. d) del D.Lgs. 504/1992 istitutivo dell’ICI poi sostituita dall’Imu. Ne consegue che tutti i chiarimenti di prassi e le pronunce della giurisprudenza che si sono succeduti nel tempo sono pienamente applicabili alla norma oggi in vigore.
 
Il concetto di edificio di culto e di pertinenza. In entrambe le norme l’esenzione riguarda principalmente l’edificio di culto o, per essere più precisi, i fabbricati/unità immobiliari «destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 [che sancisce la libertà di tutte le confessioni religiose e il loro diritto di organizzarsi] e 19 [che riconosce la libertà religiosa e il diritto di esercitarne il culto] della Costituzione». Rientrano quindi nell’agevolazione certamente gli edifici “chiesa” che catastalmente sono di norma classificati nella categoria E/7 “Fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti”, ma anche ogni immobile che viene di fatto utilizzato come “chiesa”, a prescindere dal suo accatastamento (è il caso, ad esempio, di un capannone che una parrocchia non ancora dotata della sua chiesa, utilizza per le celebrazioni liturgiche). L’esenzione riguardante gli edifici di culto si estende, per entrambe le imposte, alle «loro pertinenze»; va sottolineato che le due norme non prevedono altre specificazioni, né introducono limitazioni (ad esempio di carattere numerico o di categorie catastali), con la conseguenza che ai fini dell’applicazione dell’agevolazione la qualifica di “pertinenza” va assunta in senso civilistico.
 
In particolare, occorre fare riferimento all’articolo 817 del codice civile secondo il quale «sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa». Lo stesso articolo prescrive inoltre che la destinazione pertinenziale  debba «essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha attribuito un diritto reale sulla medesima». Come anticipato sopra, questa ipotesi di esenzione interessa soprattutto le parrocchie per le quali esiste un collegamento funzionale tra l’edificio di culto e gli immobili in cui essa svolge le proprie attività “istituzionali” di religione o culto che, per la Chiesa cattolica sono quelle elencate dall’art. 16 lett. a), della L. 20 maggio 1985 n. 222: si tratta di «quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana».
 
In pratica, tra le pertinenze sono compresi l’oratorio e le altre strutture nelle quali vengono svolte le attività di catechesi, gli incontri e le iniziative parrocchiali che non si configurano come attività commerciali, le abitazioni per il clero incaricato della cura pastorale della parrocchia, quelle dei sacrestani assunti con l’apposito contratto e le abitazioni delle religiose che per convenzione operano anche all’interno della pastorale parrocchiale. Questa interpretazione è stata più volte confermata dall’Amministrazione finanziaria, che ha esplicitamente sostenuto che rientrano tra le pertinenze: «l’oratorio e l’abitazione del parroco» (Ris. 91/1178 del 12.12.1992), «il cinema parrocchiale [a condizione che] nello stesso non siano esercitate attività commerciali» (Risposta del Ministero delle finanze pubblicata su Il Sole-24ore del 26.9.1992). La natura di pertinenza degli oratori e, in generale, delle strutture parrocchiali è stata confermata anche dalla Risoluzione del Ministero dell’economia e delle finanze n. 1/DF del 3 marzo 2004.
 
Come già accennato, la norma di esenzione non dispone alcunché circa la categoria catastale dell’immobile pertinenziale; a tale proposito si richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 20033 del 1° ottobre 2005 nella quale si pone in evidenza che ai fini dell’esenzione dall’ICI è sufficiente il vincolo pertinenziale, come dato oggettivo «sicché la categoria [nel caso della sentenza A/4] assegnata al bene di cui qui si discute non ha importanza determinante per escludere il bene dalla esenzione». Infatti, la norma agevolativa non pone alcuna altra condizione per l’esenzione se non quella dell’esistenza del vincolo pertinenziale; in particolare, per quanto riguarda le abitazioni dei sacerdoti, non richiede il requisito della residenza.
 
Gli immobili esenti e la dichiarazione. L’esenzione degli edifici di culto e delle loro pertinenze ha ad oggetto esattamente gli stessi immobili sia nell’Ires che nell’Imu. Va tuttavia segnalato che, mentre ai fini Ires per gli immobili esenti non vi è obbligo di dichiarazione, per quanto riguarda l’Imu (come evidenziato in altro articolo di questo inserto) gli enti sono invece tenuti a dichiarare annualmente tutti gli immobili, compresi quelli esenti.
 
Patrizia Clementi 
Da Avvenire NON PROFIT del 28 maggio 2024