Il nuovo modello IMU e le agevolazioni

Le scadenze per gli enti non commerciali con immobili o terreni di proprietà


Entro il mese di giugno gli enti non commerciali che possiedono in proprietà o altro diritto reale fabbricati, terreni agricoli o aree edificabili dovranno affrontare gli adempimenti Imu: entro il 30 scade il termine per l’invio della dichiarazione Imu relativa al 2024, che va presentata in ogni caso, ed entro il 16 quello per il versamento del saldo 2024 e dell’acconto 2025, qualora dovuti. In realtà le scadenze slittano al giorno successivo (rispettivamente al 1° luglio e al 17 giugno) dal momento che entrambe cadono di domenica. Prima di esaminare brevemente il nuovo modello, ricordiamo le riduzioni e le esenzioni che interessano maggiormente gli enti non commerciali in genere e gli enti ecclesiastici in particolare come normati dall’articolo 1 della L. 160/2019 che dal 2020 ha ridisciplinato l’imposta.
 
1. Le riduzioni. Tra le ipotesi di riduzione di maggiore interesse per gli enti non profit si segnalano quella relativa ai fabbricati storici e quella prevista per i fabbricati inagibili; in entrambi i casi l’agevolazione consiste nella riduzione del 50% della base imponibile (co. 747, lett. a e lett. b).
 
a) I fabbricati storici. La riduzione riguarda i fabbricati storico-artistici disciplinati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, il D.Lgs. 42/2004. Si tratta dei fabbricati appartenenti a tutti gli enti pubblici e «a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico» (art. 10, co. 1) «che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni» (art. 12, co. 1). Questi immobili sono, per presunzione di legge, soggetti a tutela fino a quando non sia stata effettuata la cosiddetta “verifica di interesse” di cui all’articolo 12 che, se positiva, conferma l’assoggettamento alla tutela e, se negativa li “libera”, da quel momento in poi. La validità della presunzione di interesse ai fini del diritto alla riduzione Imu è confermata dall’Ordinanza della Corte di Cassazione 24 settembre 2020, n. 20131 che ammette l’agevolazione anche in assenza «di un formale provvedimento che riconosca l’interesse culturale, emesso dall’autorità amministrativa ai sensi del citato D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 13» in quanto «tale presunzione sussiste poi fino a quando non sia stata effettuata una verifica da parte del Ministero competente, che può avvenire d’ufficio o su istanza dei soggetti a cui le cose appartengono, circa la effettiva sussistenza dell’interesse culturale del bene (D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 12, comma 2), ma nel senso che è destinata a venire meno nella sola ipotesi in cui, all’esito della verifica sul bene, non dovesse essere riscontrato alcun interesse culturale».
 
b) I fabbricati inagibili. La seconda agevolazione riguarda i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno nel quale sussistono queste condizioni. L’inagibilità o l’inabitabilità deve essere accertata  dall’ufficio tecnico del comune a mezzo di perizia a carico del proprietario, che deve allegare alla dichiarazione la documentazione necessaria a dimostrare lo stato del fabbricato. In alternativa potrà essere presentata una dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/2000. I comuni possono definire le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione.
 
Si segnala che nella Sentenza n. 14279 dell’8 luglio 2020 la Corte di Cassazione ha confermato che «data la differente finalità̀ che perseguono”, le due riduzioni possono essere cumulate, ottenendo così l’abbattimento dell’imponibile al 25%.
 
c) I fabbricati locati. Si ricorda, infine, che gli enti che concedono fabbricati in locazione possono essere interessati anche alla riduzione dell’aliquota prevista per le abitazioni locate a canone concordato, per le quali l’aliquota stabilita dal comune viene ridotta al 75% (co. 760).
 
2. Le esenzioni. Le esenzioni Imu sono stabilite dai commi 758 e 759 dell’articolo 1 della L. 160/2019; il primo riguarda i terreni agricoli; tra le ipotesi che possono interessare gli enti non commerciali ricordiamo i terreni ubicati nei comuni delle isole minori indicate nell’allegato A della L. 448/2001 (lett. b) e quelli ricadenti nelle aree montane o collinari individuate ai sensi dell’articolo 15 della L. 984/1977.
 
Le esenzioni elencate dal comma 759 sono per la maggior parte quelle già previste in passato anche ai fini ICI; si tratta:
- degli immobili posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali (lett. a);
- dei fabbricati rientranti nelle categorie catastali da E/1 a E/9 (lett. b);
- dei fabbricati culturali di cui all’articolo 5-bis del D.P.R. 601/1973 (musei, biblioteche, archivi, parchi e giardini aperti al pubblico), se il possessore non ricava alcun reddito dall’utilizzazione dell’immobile (lett. c);
- dei fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto e delle loro pertinenze (lett. d);
- dei fabbricati della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato tra la Santa Sede e l’Italia reso esecutivo con la L. 810/1929 (lett. e),
- dei fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l’esenzione dall’imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia (lett. f),
- degli immobili utilizzati per attività socialmente rilevanti (lett. g).
 
a) L’esenzione per gli immobili destinati alle attività socialmente rilevanti.
L’esenzione prevista dalla lettera g) riguarda gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché alle attività di religione e culto, come definite dall’articolo 16, lettera a), della L. 222/1985.
 
Per usufruire dell’esenzione viene richiesta l’introduzione negli statuti delle clausole di non lucratività previste dall’articolo 3 del D.M. 200/2012:
a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci,  partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività oppure altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;
b) l’obbligo di reinvestire utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale;
c) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.
Gli enti ecclesiastici in luogo delle modifiche statutarie devono recepire le clausole adottando un regolamento che deve essere registrato all’Agenzia delle entrate (cfr.Ris. 1 del 3.12.2012).
 
Altra condizione necessaria per l’accesso all’esenzione è che le attività devono essere «svolte con modalità non commerciali”, così come individuate dall’articolo 4 del D.M. 200/2012 in cui sono stabiliti i cosiddetti requisiti di settore che prescrivono precise caratteristiche di svolgimento e vengono fissati limiti di carattere economico. Le Istruzioni alla compilazione della dichiarazione riportano dettagliatamente i requisiti richiesti per ciascuna delle attività indicate dalla norma.
 
Tra le particolarità di questa ipotesi di esenzione va segnalato il trattamento delle unità immobiliari utilizzate promiscuamente sia per le attività agevolate che per altre attività; in questi casi è possibile conservare una parte di esenzione e assoggettare a tassazione solo una percentuale del valore dell’immobile. Per determinare la quota da tassare occorre applicare i criteri stabiliti dall’articolo 5 del D.M. 200/2012: quelli dello spazio, delle teste e del tempo. Nel primo caso il rapporto è determinato dalla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle meritevoli, rispetto alla superficie totale dell’immobile, nel secondo caso dal numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività sono svolte con modalità commerciali rispetto al numero complessivo dei soggetti verso i quali l’attività è svolta, nel terzo caso si prendono in considerazione i giorni durante i quali l’unità immobiliare è utilizzata per attività non esenti rispetto ai 365 giorni dell’anno. Va notato che i tre criteri possono essere cumulati, riducendo così la percentuale di imponibilità.
 
Ai fini dell’esenzione la norma in vigore dal 2020 richiede la coincidenza tra proprietario ed utilizzatore eliminando così del tutto la possibilità di usufruire dell’esenzione per gli immobili non utilizzati direttamente dall’ente proprietario, compresi quelli concessi in comodato ad altri enti non commerciali per lo svolgimento delle suddette attività. A questo proposito occorre segnalare che la Legge di Bilancio 2024 contiene una norma di interpretazione autentica nella quale si stabilisce che «gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato» ad un ente non commerciale che sia «funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente», a condizione che il comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività socialmente rilevanti individuate dalla norma, con modalità non commerciali (cfr. L. 213/2023, art. 1, co. 71, lett. a). Le Istruzioni alla compilazione della dichiarazione  contengono utili approfondimenti e opportuni suggerimenti pratici circa la natura del collegamento funzionale e di quello strutturale alle quali si rinvia.
 
Va sottolineato che la norma di interpretazione autentica non interferisce con la facoltà consentita ai comuni di prevedere per via regolamentare di superare la necessità della coincidenza tra proprietario e utilizzatore stabilendo il permanere dell’esenzione «per l’immobile dato in comodato gratuito al comune o ad altro ente territoriale, o ad ente non commerciale, esclusivamente per l’esercizio dei rispettivi scopi istituzionali o statutari» (L 160/2019, art. 1, co. 777, lett. c).
 
La Legge di Bilancio 2024 è intervenuta, sempre con una norma di interpretazione autentica, anche a proposito della necessità che gli immobili siano “utilizzati” per le attività agevolate stabilendo che «gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali» allo svolgimento delle attività meritevoli «anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità». Il mancato utilizzo, quindi, non comporta più la perdita dell’esenzione, purché si tratti di una situazione transitoria che non incida sulla strumentalità dell’immobile rispetto allo svolgimento delle attività agevolate.
 
b) Le esenzioni specifiche per gli enti ecclesiastici. Le esenzioni che riguardano in maniera specifica gli enti ecclesiastici sono: quelle della lettera b) del comma 759, dal momento che gli edifici di culto sono acca¬tastati nella categoria E/7, quelle della lettera d) riguardante gli edifici di culto e le loro pertinenze, di particolare rilievo per le parrocchie, e quelle della seconda parte della lettera g) relativa agli immobili destinati alle attività di religione e culto. Quali siano le attività di “religione e culto” è precisato dall’articolo 16, lettera a), legge n. 222/1985 Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici: «Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque: a) attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana». In forza di questa puntuale indicazione si considerano esenti ai sensi della lettera g) gli oratori, i centri parrocchiali, i seminari, le case religiose, i monasteri e i conventi (cfr. Sent. Cass. 18.12.2009, n. 26657), gli episcopi e gli uffici delle Curie diocesane (cfr. Sent. Cass. 23.3.2005, n. 6316).
 
Con riferimento all’esenzione riguardante gli edifici di culto e le relative pertinenze grazie alla quale sono esclusi dall’imposizione tutti gli immobili a¬dibiti a luogo di culto (le chiese) e, soprattutto, per le loro pertinenze, che includono, tra l’altro, l’oratorio, le altre strutture nelle quali vengono svolte le attività parrocchiali, le abi¬tazioni dei sacerdoti, si rinvia all’approfondimento contenuto in altro articolo di questo numero. Va sottolineato che il medesimo immobile potrebbe essere oggetto di più ipotesi di esenzione; l’edificio chiesa, infatti, è esente in quanto è accatastato con categoria E/7 (lett. b), si tratta di un edificio di culto (lett. d), è un fabbricato ove si svolge l’attività di religione e culto (lett. g). Al contrario altri immobili sono esenti per un solo motivo, come per esempio le abitazioni del clero, esenti solo in quanto pertinenze della chiesa ove risiede il sacerdote incaricato dal vescovo della cura pastorale della parrocchia.
 
3. La dichiarazione. A proposito della dichiarazione va anzitutto segnalato che il modello da utilizzare, denominato “Imu ENC”, non è più quello dello scorso anno, ma quello approvato con il Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze dello scorso 29 aprile unitamente al modello “Imu/IMPi” destinato agli enti commerciali e alle persone fisiche ed alla denuncia delle piattaforme marine. Come accennato sopra gli enti non commerciali devono presentare la dichiarazione ogni anno, anche in assenza di variazioni rispetto all’anno precedente, comprendendovi tutti gli immobili posseduti, compresi quelli esenti (cfr. co. 770). Tale particolarità è confermata anche nelle Istruzioni alla compilazione del modello: «il comma 770 prevede espressamente che la dichiarazione in argomento deve essere presentata ogni anno diversamente quindi da quello che avviene per l’altra tipologia di dichiarazione Imu/IMPi». Viene inoltre chiarito che la dichiarazione Imu ENC è l’unico modello che deve essere utilizzato dagli enti non commerciali «per tutti gli immobili di cui sono in possesso, non solo quindi per gli immobili in cui si svolge una delle attività cosiddette meritevoli di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del D. Lgs. n. 504 del 1992, con modalità commerciali, ma anche per quelli in cui non svolgono attività meritevoli».
 
Questa peculiarità «rispetto ai soggetti (persone fisiche ed enti commerciali) obbligati a presentare il diverso modello dichiarativo emerge chiaramente dalla lettura combinata dei due commi 769 e 770. Il primo, infatti, prevede espressamente che siano esclusi i soggetti di cui all’art. 1, comma 759, lett. g), i quali, ai sensi del successivo comma 770, devono compilare il modello dichiarativo dedicato». Il modello oltre il frontespizio, nel quale indicare i dati del contribuente, è composto dai quadri A, B, C, D.
 
Gli immobili vanno inseriti nei Quadri A e B; le Istruzioni chiariscono che «Il “Quadro A” deve essere compilato anche nel caso di possesso da parte dell’ENC di immobili esenti. Tale circostanza si verifica quando, il soggetto passivo possiede immobili che godono di esenzioni diverse da quella tipica di cui al citato art. 7, comma 1 lett. i) del D. Lgs. n. 504 del 1992, che si riscontrano in quelle relative al campo 14 “Esenzioni”». Quindi nel Quadro A vanno indicati sia gli immobili totalmente imponibili sia quelli totalmente esenti, ma diversi da quelli nei quali si svolgono le attività socialmente rilevanti di cui alla lett. g); a questi, infatti, è riservato il Quadro B nel quale andranno inseriti sia nel caso di uso esclusivo per le attività agevolate, con la conseguente posizione di immobili totalmente esenti, sia nel caso di uso promiscuo per attività socialmente rilevanti e altre attività, circostanza che li rende parzialmente imponibili. Il Quadro C è dedicato alla determinazione dell’imposta e il Quadro D, è relativo alle compensazioni e rimborsi.
 
4. I versamenti. Come la dichiarazione anche le tempistiche e le modalità di versamento dell’imposta per gli enti non commerciali sono specifiche e diverse rispetto a quella degli altri contribuenti: l’imposta, infatti, non va versata in due, ma in tre tempi: due rate di acconto, entro il 16 giugno e entro il 16 dicembre, ciascuna di importo pari al 50% dell’Imu corrisposta nell’anno precedente, e il saldo, a conguaglio dell’imposta complessivamente dovuta, da versare entro il 16 giugno  dell’anno successivo. È inoltre stabilito che gli enti non commerciali possono compensare, in sede di versamento, l’eventuale credito risultante dalle dichiarazioni presentate (co. 763); a questo proposito si ricorda che le compensazioni sono possibili solo tra crediti e debiti relativi all’Imu dovuta al medesimo comune.
 
5. L’applicazione territoriale dell’Imu. Come ricordano le Istruzioni l’Imu non si applica su tutto il territorio nazionale; in forza dell’autonomia impositiva prevista dai relativi statuti essa è sostituita:
- nella provincia di Trento, dall’IMIS (Imposta immobiliare Semplice) di cui alla Legge Provinciale 30 dicembre 2014, n. 144;
- nella provincia di Bolzano, dall’IMI (Imposta Municipale Immobiliare) di cui alla Legge Provinciale 23 aprile 2014, n. 3;
- nella regione Friuli-Venezia Giulia, dall’ILIA (Imposta Locale Immobiliare Autonoma) di cui alla legge Regionale 14 novembre 2022, n. 17.
 
Patrizia Clementi 
Da Avvenire NON PROFIT del 28 maggio 2024