Nella tempesta che ci sta flagellando, scrivere di scuole paritarie può stridere fin dalle prime righe e condannare a finire inclassificati perché fuori tema. Il giudizio non farebbe che confermare quell’emarginazione culturale che nel nostro Paese di fatto ha sempre impedito di riconoscere loro piena cittadinanza.
La Chiesa, forte della sua tradizione educativa, ha a cuore la scuola tutta.
In queste settimane le voci dei Vescovi – insieme a quella delle religiose e dei religiosi – si sono unite a quelle di tante associazioni di genitori per rappresentare la forte preoccupazione circa la stessa tenuta del sistema delle paritarie. Se già ieri erano in difficoltà sul piano della sostenibilità economica, oggi – con le famiglie che hanno smesso di pagare le rette a fronte di un servizio chiuso dalle disposizioni conseguenti all’emergenza sanitaria – rischiano di non aver più la forza di riaprire.
Dietro le parole, c’è il volto di centinaia di migliaia di alunni e di migliaia di dipendenti; c’è la ricchezza di un presidio educativo unico; ci sono i principi – centrali in democrazia – di libertà educativa e di sussidiarietà.
Nel nostro contesto, paradossalmente, non passa nemmeno il criterio dell’investimento: la prospettiva di una scomparsa delle scuole paritarie, oltre che un oggettivo impoverimento culturale, costituirebbe un aggravio di alcuni miliardi di euro all’anno sul bilancio della collettività. Senza aggiungere che, chiuse le paritarie, ci si troverà ad affrontare la mancanza di servizi con cui supplirle.